Testimonianze su
Carlo Urbani
- IV

raccolte da Elisabetta Nardi

Roberto Manoni | Dott. Marziano Moretti | Dott. Reginaldo Polsonetti | Sante Rossetti

Testimonianza di Roberto Manoni, informatore medico scientifico

Lo vedevo per lavoro e lo ricordo come una persona schiva, umile, cortese, disponibile. Quando gli presentavo i medicinali, ascoltava in silenzio e mi guardava in viso in maniera disarmante, aveva un volto pulito. Nello scambio tecnico di informazione sui farmaci e nelle poche battute che ci scambiavamo traspariva tutto il suo sapere, tutta la sua competenza ed estrema professionalità.

Un giorno gli chiesi del suo impegno con MSF e lui non parlò di sé, ma degli ideali ispiratori dell’associazione. Non ho mai sentito fare dal Dott. Urbani un commento fuori posto sui colleghi, sull’ospedale o sulla società. Non ha avuto mai una caduta di stile.

Nella scelta di una terapia prediligeva i farmaci che avessero dimostrato efficacia e tollerabilità posponendo il risparmio a "tutti i costi", soprattutto quando si rendevano necessarie queste terapie in pazienti immunodepressi. Amava la vita, la fotografia, lo scambio di battute, aveva un grande senso dell’ironia.

Il suo sorriso non era mai una risata, era consapevole che il mondo, in generale, non andava proprio nella direzione da lui auspicata.

Testimonianza del Dott. Marziano Moretti

No,non avevo intuito la natura religiosa di Carlo Urbani! Anche se ho conosciuto Carlo negli anni 80 nell'ambiente missionario. Io facevo frequenti viaggi in Africa nella missione che i cappucini marchigiani hanno in Etiopia.

L'occasione del nostro incontro è nata dalla clinica di malattie infettive di Ancona, dove io ero consulente e Carlo specializzando. Carlo voleva andare in missione, ma necessitava di informazioni su come organizzare i primi viaggi, cosi la prima volta andò a Taza,in Etiopia, dove anche io andavo, e lo fece appena specializzato.

Poi fece un viaggio in Mauritania. Quando andò a lavorare all'ospedale di Macerata gli incontri diventarono meno frequenti, ma una volta riunì a cena una decina di medici che avevano avuto esperienze in Africa, documentandole con diapositive.

Notai con piacere che era diventato per noi un punto di riferimento.Era molto deciso nel suo programma e lo ammiravo molto, come ammiro tutti coloro che fanno la scelta di vita di vivere pericolosamente dove possono migliorare le condizioni di vita dei poveri.

Testimonianza del Dott. Reginaldo Polsonetti

Per tutti quelli che lo hanno incontrato Carlo Urbani è stato una grande persona, un incontro importante: lo è stato anche per me. Ho avuto modo di conoscerlo, di apprezzarlo, qualche volta anche di invidiarlo per la sua capacità di riuscire in qualsiasi cosa si dedicasse: non è questo nè un panegirico nè un'esagerazione, è la pura verità.

Era un medico bravo e preparatissimo, un ottimo fotografo, un bravo cuoco, aveva buone abilità nell'informatica, sapeva imparare l'essenziale di una lingua quando ne aveva la necessità, sapeva organizzare viaggi in paesi difficili, sapeva curare le public relations quando serviva, volava con il deltaplano e l'ultraleggero, sapeva suonare.

Ma tutto faceva con semplicità e senza darsi le arie. Era un credente ma assolutamente non un integralista, la sua fede era un fatto privato che non influiva nelle sue relazioni quotidiane con gli altri, era un uomo di sinistra ma non apparteneva a nessun partito: sapeva trovare con tutti momenti di convergenza e di dialogo.

"Ammiro la dignità che accompagna la povertà,
e la profonda gratitudine che manifestano verso
chi si interessa ai loro problemi..."
(Carlo Urbani, lettera da Hanoi, Vietnam, 10 ottobre 1998, a Suor Anna Maria Vissani)

Oggi fatico un pò a vederlo tirare per la giacca a farne un santo o un sostenitore di una parte, mi sembra che venga sminuito nella sua complessità e ricchezza di uomo, di un uomo profondamente innamorato del prossimo, ma anche con una grossa voglia di vivere e una grande capacità di sapersi divertire, che nelle sue passeggiate in moto, nelle Marche o in Vietnam, apprezzava i tramonti e rifletteva sulla sua vita e su quella degli altri, che leggeva le poesie di Ho Ci Min ed era fiero di aver conosciuto di persona il mitico generale Giap, che faceva le capriole sulle dune del deserto della Mauritania e veniva individuato subito dai locali, nei viaggi di gruppo che organizzava, come il leader (le Vieau).

Mi piace quindi ricordarlo innanzi tutto come un compagno di viaggio, con uno spassoso aneddoto e poi come suo paziente, perchè ho avuto la sorte di esserlo.

Stava spuntando un sole ancora tenue sul deserto della Mauritania e noi aprivamo le tende per apprestarci ad uscire: "Fermi! - ci intima Carlo – prima di mettervi le scarpe controllate dentro, perché di notte ci si possono essere annidati degli scorpioni velenosi." Così dicendo infila una mano per esplorare il suo scarpone. Poi un urlo e tira fuori la mano con un piccolo scorpione attaccato a un dito: è preoccupato ed agitato ma noi, i suoi amici, scoppiamo insieme in una grande risata e lui si incavola con noi, preoccupato per quel morso."

In quel viaggio in Mauritania ho conosciuto veramente Carlo, collega di mia moglie, appassionato di viaggi che organizzava da solo in maniera inappuntabile: voli, documentazione storica, geografica, politica e culturale, programma di spostamenti e quant’altro. Nei viaggi che organizzava amava fermarsi nelle strutture sanitarie che si incontravano, parlare con gli operatori sanitari, valutare con loro che aiuto poter dare.

Così successe nella cittadina di Rosso con il suo ospedale mandato avanti da un solo medico, così nella piccola infermieria di un campo profughi vicino al confine con il Senegal. Ricordo i richiami che mi fece perché prestavo poca attenzione alle regole di tutela personale nel maneggiare materiali che potevano essere infetti: io ribattevo che ero un chirurgo e sapevo muovermi in tali situazioni ma lui non era affatto convinto.

Mi sembrava eccessivo e un po’ ipocondriaco, ma al ritorno da quel viaggio mi ammalai e lui mi ricoverò nel suo reparto di Macerata: mi ero preso il tifo, solo io nel gruppo di 8. Certamente Carlo aveva avuto ragione a dubitare della mia attenzione. La diagnosi fu rapida e il trattamento tempestivo ed efficace, per cui dopo poche ore dal ricovero ero finalmente sfebbrato (stavo male da vari giorni).

Quando passò in visita il Primario mi cambiò la terapia. Carlo non disse niente poi tornò da me, mi disse che, visto il risultato, il cambiamento gli sembrava assurdo… che se lui mi avesse trattato col farmaco scelto dal primario questi il giorno dopo l’avrebbe comunque cambiato, probabilmente con quello che mi aveva risolto il problema: "Ma stai tranquillo – disse - comunque anche questo va bene e presto sarai completamente guarito." Dopo quell’episodio Carlo è divenuto il mio medico di riferimento, sia per i miei problemi personali sia per consulenze per problemi infettivi delle mie pazienti.

Tipica casa sul fiume in Vietnam

Ricordo con piacere che anch'io, nel mio settore, per lui potevo essere un punto di riferimento: un giorno ricevetti una chiamata al telefono nel mio ospedale: "Ciao, sono Carlo" - "Sei tornato in Italia?" - risposi - "No, ti chiamo da Hanoj, una mia collaboratrice vietnamita ha questo problema...., qui suggeriscono questo... tu che ne pensi?"

E’ dolorosissimo pensare che Carlo non c’è più, è impossibile credere che quel medico scrupoloso, attentissimo a tutte le procedure di tutela del personale sanitario, che aveva passato anni in un reparto per malati di AIDS, possa essersi contagiato con una malattia infettiva, è assurdo, direi paradossale, è un atroce scherzo del destino.

Un altro e diversissimo aspetto voglio ricordare di quel mio viaggio con Carlo in Mauritania, viaggio che probabilmente è stato la prima tappa di quella esperienza lavorativa di Carlo che lo ha portato a divenire responsabile dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) per il Sud Est Asiatico (e che ha portato anche me e mia moglie a lavorare per un anno in Africa): l’aspetto scherzoso e giocoso.

Carlo era stato da giovane un patito del personaggio Fantozzi e con Mauro, altro collega medico che viaggiava con noi in Mauritania, riportava continuamente frasi, imitazioni e brani dei tanti film che avevano gustato insieme. A me, rigido ex sessantottino, questa passione e queste parodie sembravano stupide, ma loro si sganassavano dal ridere.

Poi al ritorno tutti a vedere insieme le diapositive scattate durante il viaggio ed io sconvolto perché rivedendo le sue foto mi sembrava che avesse fatto un altro giro: particolari che non avevo neanche visto, inquadrature originali, montaggio perfetto della proiezione, colonna musicale. Certamente una personalità ricca, poliedrica, ma anche gioiosa.

Testimonianza di Sante Rossetti

Con la presente vorrei dare la mia piccola testimonianza sulla persona di Carlo Urbani. Lavorando all’Ospedale di Macerata come tecnico radiologo, ho avuto la possibilità di conoscerlo nel periodo in cui era aiuto nel reparto malattie infettive.

Nonostante il mio rapporto con il dottore fosse superficiale, poiché si lavorava in reparti distinti, fin da subito ho potuto apprezzare la sua determinazione e sensibilità. Ricordo inoltre la sua gentilezza, disponibilità ed umanità imparagonabili.

Si riconosceva in lui non solo la capacità di un gran medico, ma sicuramente la ricchezza di un uomo animato da ideali e determinazione.

Sono orgoglioso di avere avuto la possibilità di conoscere il Dott. Urbani, un ricercatore così appassionato che ha pagato con la propria vita la sua voglia di aiutare gli altri e di cambiare le regole del mondo.


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