Lettera di Natale
di Carlo Urbani

Phnom Penh - Cambogia, 1997

[Lettera scritta a Don Marino, parroco di Castelplanio, e a Suor Anna Maria Vissani.]

Carissimi don Marino e suor Anna Maria,

scusate se mi indirizzo a voi nella stessa lettera; vi assicuro, non lo faccio per risparmiare sui francobolli! In realtà le giornate scivolano via strapiene… Allora ho pensato di parlarvi insieme, perché tutto sommato siamo abituati a parlare insieme: in entrambi ho sempre trovato la calda attenzione dell’amico e la dolce acutezza dell’assistente spirituale…

Cosa sto facendo della mia fede? Beh, qualche volta, magari incollati ad un ventilatore per il caldo torrido che c’è anche di notte, diciamo insieme qualche preghiera; ogni 15 giorni partecipiamo alla messa per la comunità francofona nella missione. La messa è molto piacevole, semplice, sentita.

È bello scoprire come quella famiglia di figli di Dio, alla quale diciamo di appartenere, ma che in realtà immaginiamo come un concetto astratto, in realtà esiste in carne ed ossa ed è pronta ad accoglierti tra le sue braccia anche in posti lontani come questo.

Ma poi nella fede cerco, soprattutto in questo tempo, la luce per rispondere ad angoscianti interrogativi che mi tengono sveglio. Il primo è la fatidica questione sulla vera natura dell’ uomo.

Quanto vedo qui, quanto sento nei racconti dei colleghi provenienti dalle mille ferite di questa terra: campi di battaglia, campi profughi, profonda povertà delle bidonvilles, assurde lotte fratricide, carceri grondanti sangue di tutti i regimi dittatoriali del mondo… tutto questo scoraggia un po’. A volte vedere qualche cosa di buono nell’altro, in chi ti è "prossimo", diventa veramente difficile e invita a chiudersi in se stessi.

Ma i piccoli lumi, che brillano nei cuori di quanti si prodigano in questo magma di dolore, lasciano sperare; e il ricordo di chi ha deciso di scendere in questo scenario di continui soprusi e guerre, per poi morire su una croce, mi fa credere che una luce di pace sarà pure nascosta dietro qualche orizzonte.

Vi so vicini e a volte vorrei che vedeste con i miei occhi, per fissarvi su quegli sguardi di chi ha perso tutto, la famiglia nella guerra, il raccolto nell’alluvione, il figlio per la diarrea, i risparmi per un ladro, o per scaldarvi il cuore alla vista di una donna che partorisce sola, in una palafitta, lontano da tutto e da tutti, con il marito inginocchiato al fianco, un legno che arde in un braciere per scaldarla… non credo che in altre scene potreste vedere meglio rappresentato il mistero della natività, di questa che ho visto due settimane fa, a Sdau, piccolo villaggio nel nord.

Spero risentirvi presto. Ricordiamoci nella preghiera. Con affetto,

Carlo


E-mail: moscati@gesuiti.it

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