| Carlo Urbani: un amico, un fratello, un figlio nello spirito Sr Anna Maria Vissani |
Nota - E' noto come Carlo Urbani abbia intrattenuto una pluriennale corrispondenza con Suor Anna Maria Vissani (1), la quale ha voluto dedicargli questo scritto il 30 marzo 2003, giorno successivo a quello della morte di Carlo. Ringraziamo Suor Anna Maria per averci permesso di riprodurlo.
"Voglia di volare"
Darei un titolo alla mia testimonianza su Carlo Urbani: "Voglia di volare". Quando un uomo inizia a prestare attenzione alla sua interiorità, fa un notevole passo in avanti per decifrare la sua sofferenza e guarirla.
Carlo ha saputo riconoscere i tempi di prova, i momenti di oscurità e di dolore che lo sottoponevano a un certo stallo, e con la prontezza dell’uomo adulto si è messo in ascolto della sua interiorità, decidendo non solo di prendere tra le proprie mani la vita, ma di lasciarsi aiutare a lenire il dolore.
Ci fu un particolare periodo in cui dovette superare momenti di sconforto, nei quali si trovò a fare scelte significative e a prendere decisioni per la sua vita intima, privata, che resteranno per sempre tra lui e la sua consigliera spirituale. Fu allora che mi scrisse: "Sr Anna Maria, voglio tornare a volare al più presto!".
In quella fase, dopo diversi anni di conoscenza e di collaborazione, ebbi modo di entrare più in profondità nel mondo interiore di Carlo e delicatamente accompagnarlo sulla via della ripresa umana e spirituale, mediante la soluzione positiva della prova. La sua particolare delicatezza d’animo si manifestò così profonda da stupire chiunque abbia la pretesa di superare in fretta problemi interiori e di relazione o di lasciarli irrisolti. La sua intelligenza, unita all’onestà interiore, lo spinse ad una ricerca sincera di mezzi e tempi per riprendersi da quello che lui definiva "uno stallo".
Le lettere, alcune delle più significative, che ho offerto alla lettura di chi desidera entrare nell’interiorità di Carlo, manifestano anche la particolare relazione spirituale che ha avuto con me in quanto religiosa e sorella nel Signore. Esse sono come una piccola finestra che si apre sul balcone del mondo, da cui esce un fascio di luce così intensa da stupirci: un faro che, illuminando la realtà e le vicende dell’oggi, permette di individuarne i lati più oscuri e quelli più luminosi della generosità e della forza d’animo.
Il dialogo che ha legato le nostre esistenze è nato anche dal coraggio di Carlo di incontrare se stesso e superare la frantumazione quotidiana della vita, ricercando l’attenzione alla famiglia, ai figli, alla moglie, insieme ad una accorta lettura della "leggenda personale" che ha inseguito sempre con onestà e verità.
L’incontro è stato un dono per me e per lui. Un evento maturato sulle radici della reciproca stima, che di anno in anno ha fatto fiorire la comunione alimentata dalla sete di verità e di giustizia.
Carlo era un uomo radicale nelle scelte, e radicale nel soffrire per la sua profonda e innata sensibilità. Si è lasciato guidare nella vita da quella "fortezza" che scoprì di possedere fin dalla sua adolescenza e nello stesso tempo ha saputo versare lacrime di umiltà e di dolore nei momenti cruciali quando le ferite hanno sanguinato.
Proprio allora la voglia di volare si manifestava in fortezza d’animo purificata e provata al fuoco delle sconfitte. Nel suo lavoro di medico ha brillato come uomo competente e aperto alle sfide della storia e al grido dei più deboli. Queste due anime sono state le ali che lo hanno portato da un continente all’altro, oltre le frontiere dell’egoismo e del comodo vivere nel chiuso della sua sola famiglia o poco più.
(Sr Anna Maria Vissani) |
Il vento che ha accompagnato i suoi voli e che lo avvolgeva di speranza e di apertura al rischio della vita, era quella particolare interiorità, che si manifestava come ricerca continua di un di più di vita, dialogo interreligioso, amicizia custodita e maturata all’ombra di scelte genuine, apertura schietta con chi lui riteneva "sua consigliera spirituale", e grande amore alla famiglia, cose che non sempre potevano essere comprese da chi lo osservava superficialmente.
Ho conosciuto di lui la fatica delle scelte più significative e l’onestà interiore negli orientamenti da prendere e decidere non solo per lui ma anche per chi era a lui più prossimo (moglie e figli). La forza di ogni decisione gli derivava dallo sguardo ampio sul mondo, che diceva di amare e di contemplare con grande rispetto umano e spirituale.
Scrissi a Carlo, due mesi dopo la sua partenza per il Vietnam: "Man mano che avanzano gli anni, aumenta in me la capacità di sintesi e la forza di trovare soltanto nel Signore il segreto del vivere in Lui e per Lui e la gioia di amare il mondo con oblatività. Anche tu, Carlo, in ogni tappa della tua nuova vita, ora in Vietnam e poi chissà dove, ritrova la bellezza e la forza dell’amore nel lavoro che ti coinvolge a 360°, nelle relazioni familiari che gusti sempre con dolcezza e delicatezza e con gli amici vicini e lontani. Benedico ogni tuo desiderio di bene e sono certa che una nuova primavera sta sbocciando sul tuo cammino. Vivi fino in fondo, come sai fare tu, il lavoro e apri sempre il cuore a quanto di grande la vita ti chiede a favore dei più svantaggiati. Il mondo ormai è un villaggio globale e dove andiamo possiamo portare la preziosità del nostro essere e la reciprocità delle relazioni con una ricerca appassionata di ciò che vale veramente ed è Bene. Le diversità delle religioni, come un grembo entro cui sai vivere con intelligenza, senza perdere la tua identità, è una sfida a condividere ciò che realmente è essenziale" (22 settembre 2000).
La sua fede era un insieme di tasselli di luce, che raccoglieva nel suo intimo nel silenzio dei lunghi viaggi, nello stupore dei tramonti del sole, negli incontri con i più poveri che gli manifestavano la dignità dell’essere persone e la gioia delle piccole cose. Tutto diventava per lui percezione di una segreta Presenza, che illuminava la sua interiorità e si rifletteva sulle scelte che faceva con coraggio a favore dei più deboli. Così come narra questa storia cinese, che senz’altro Carlo avrà letto in qualche libro o almeno avrà percepito nella sua interiorità e nella sua costante ricerca di giustizia e di verità.
"Narra un’antica storia cinese che un giorno il sole si frantumò in migliaia di pezzi, che si sparsero al suolo in una valle remota. Le tenebre calarono sulla terra, e non bastava la luce notturna della luna a illuminare il mondo. La vita procedeva a fatica, mentre una grande desolazione regnava in ogni luogo. Gli uomini non sapevano che cosa pensare. Si riunivano in gruppo a discutere, ma intanto il tempo passava come che nulla avvenisse. Di giorno si accendevano i fuochi per rompere le tenebre, di notte si aspettava la luce della luna.
Un monaco, che aveva la sua cella vicino alla valle dove erano caduti i frammenti del sole, guidato dai timidi bagliori, cominciò a raccogliere i piccoli pezzi luminosi e ad attaccarli insieme. Trascorse molti anni in questo silenzioso lavoro, ma alla fine il sole tornò di nuovo a splendere e ricominciò a illuminare le albe e i tramonti della terra. Quando poi giungeva sopra la cella, si fermava un momento, per restituire un po’ di quella luce e quel calore che il monaco gli aveva fatto riacquistare".
Così Carlo è vissuto. Non in una cella nascosta, ma nella piazza della vita internazionale e di lì ha cercato di raccogliere "piccoli pezzi" di quella Giustizia umana e sociale che il mondo ha frantumato nelle valli delle povertà e delle guerre senza senso. Ora Dio, che si fa voce di gratitudine attraverso di noi, si ferma per qualche istante sulla sua storia e gli restituisce la luce e il calore che in vita Carlo ha cercato e custodito con appassionata serietà e fedeltà a se stesso.
In questo ultimo anno già percepiva la pienezza di questa fatica come gioia interiore: "Nella vita - scrive Carlo il 5 maggio 2002 - credo di aver saputo distinguere gli indizi che mi hanno guidato fino a qua, e per arrivarci ho anche accettato di affrontare burrasche e scogli, ma ora non chiederei di meglio dalla vita. Ringrazio Dio per tanta generosità nei miei confronti, e mi sforzo di sdebitarmi lasciando che i miei ‘talenti’ producano germogli e piante. Vorrei comunque fare di meglio, non tanto nel lavoro, dove dò tanto, ma con gli affetti più prossimi". (Lettera del 5 maggio 2002).
Poi la morte ha racchiuso in sé tutta la forza e l’amore per la bellezza della vita di questo medico che ha voluto credere all’abbattimento delle frontiere, mediante una paziente e laboriosa attesa, che oggi lo rende uomo vero e generoso nel suo essersi dato senza posa. E il sole è tornato a risplendere per tutti coloro che in qualche modo hanno conosciuto Carlo.
Il giorno del suo funerale pregavo: "Ti rendiamo grazie Signore, per i segni di luce che doni a questo nostro mondo. Tu hai seminato nel cuore di Carlo germi di speranza e di coraggio. Dona anche a noi di amare senza temere di perdere la vita e di testimoniare la verità e la giustizia a favore dei più deboli".
Perché questa morte?
Credo proprio che questa sua fine terrena sia un segno dall’Alto, un piccolo faro di luce proiettato su una società piena di paure e di fughe, una società egoista e sempre più carica di scelte di morte. Nei tempi di oscurità, come è il nostro, il Signore ci "regala" sempre dei segni luminosi, che noi dobbiamo saper leggere con intelligenza e seguire come comete per andare oltre i piccoli orizzonti terreni, e superare la tentazione dei "ristagni", dei futili e passeggeri "miraggi".
Noi vorremmo racchiudere questa morte entro i nostri ragionamenti umani e culturali. Occorre invece fare un salto di qualità, e ammettere, per fede, che nessuno muore per se stesso, ma tutti viviamo e moriamo nel Signore e nel mirabile grembo dei Suoi progetti di Giustizia e di Amore.
La sera di quel 30 marzo 2003, mi trovavo in preghiera. Avevo davanti ai miei occhi la sofferenza degli ultimi giorni di Carlo; provai così a mettermi in comunicazione con lui, ormai nell’abbraccio del Padre celeste, in forma di lettera, che ho poi donato agli amici.
"Carlo, amico carissimo,
sei entrato definitivamente nella vita eterna e vivi nella visione di Dio.
Ci hai lasciati così presto, perché il male ti ha stroncato. Proprio nel buio di un tempo carico di guerre e di morte, tu hai preferito attraversare le tenebre dell’odio e della incoerenza, per entrare nella verità della luce.
Tu amavi la verità, amavi la pace, amavi la gente che vedevi soffrire e hai cercato di dare tutto te stesso, e proprio fra quella gente, per la quale operavi come medico, hai lasciato la tua esistenza terrena, soffrendo terribilmente. In quell’oriente carico di mistero e di religiosità frammista a magia, tu hai incontrato l’impossibilità a lottare. Non ce l’hai fatta. Eppure, dal momento che ho appreso la notizia della malattia, ho sempre pregato per te, giorno e notte e ripetevo in cuor mio:"Carlo, forza. Cerca di farcela!". Il tuo cuore non ha resistito.
Ora che sei in cielo e vivi una nuova dimensione di vita, ti sento vicino e aperto più di prima a condividere la tua interiorità, i tuoi interessi, le tue corse per raggiungere sempre più situazioni e persone. Sono certa che durante il tuo giacere sul letto del dolore, in quella faticosa respirazione, aiutata dall’ossigeno, mi hai chiamata. L’ho percepito nel mio cuore e voglio sperare che anche tu hai avvertito la mia risposta.
Ti conosco nell’intimo, e so quanto densa è la tua affettività e la tua amabilità, anche nel silenzio delle tue riflessioni, spesso troppo alte per chi ti circondava. So quanto avresti desiderato la compagnia in questo momento di passaggio: e la vita ti ha messo a dura prova, perché la malattia ti ha obbligato ad un certo isolamento.
Ricordo quando mi parlavi dei malati particolari, che curavi all’ospedale qui in Italia. Quanto tu cercavi di essere vicino a loro, perché costretti all’isolamento e come eri attento alle loro ultime riflessioni sulla vita, alla loro tenerezza per la grande fragilità che dovevano accettare. Eri un uomo che curavi con l’animo e la passione d’amore.
Conosco anche la tua fragilità, le tue lacrime, i tuoi momenti di dolore spirituale… Ti ho seguito nei tempi di prova e nei tempi di grande gioia interiore. Ti sei confessato con me, come un bambino che cerca uno spiraglio di luce e mi hai più volte commosso per averti visto così aperto e sincero.
L’amore per il tuo lavoro e l’apertura sconfinata dei tuoi orizzonti umani e spirituali ti ha spinto a trascinare la tua famiglia in quella terra del Vietnam, dove Giuliana e i figli hanno faticato per inserirsi, ma l’hanno fatto con amore. Ora erano tutti dentro, e forse tu attendevi il salto di qualità da parte loro ed eri sicuro della riuscita, ma sei stato stroncato e trapiantato in un’altra esistenza, tutta nuova… Tu ora sai quanto quella nuova realtà, che chiamiamo vita eterna, è bella e piena e ti permette di godere la reale luce divina, perché in Dio c’è tutta la verità del nostro essere."
Ricordi uno degli ultimi nostri colloqui? Tu mi chiedevi cosa stava succedendo alla mia vita e perché mi ero ritirata, mentre molti mi attendevano e avevano bisogno di me. Io ti confidavo il segreto del mio essere in Dio e per Lui soltanto. Ti aprivo il cuore e ti ripetevo che il mio cammino procedeva in senso inverso dal tuo. La mia vita è in discesa, perché nel nascondimento e nel silenzio. Tu non capivi e mi esortavi a tornare presto al pubblico. Mi rispettavi, perché avevi intuito che la prova della vita è sempre misteriosa e chi guarda in superficie non può capirla.
Tu godevi della tua scalata, ne avvertivi la fatica, ma non ti arrendevi. Io accettavo questo tuo mondo, che spesso ti portava un po’ fuori dalla famiglia. Ascoltavo con pazienza tua moglie e la esortavo a entrare nel tuo orizzonte, senza perdere il suo. E una volta ti dissi che un giorno anche tu avresti capito cosa significa fermarsi e scendere nel cuore del Mistero della vita, dove tutto ciò che è umano scompare per far posto a ciò che è essenziale: Dio in noi…
Ora ti vedo nel cuore di Dio e ti sento un appello per noi tutti. La vita ci aspetta sempre al varco: la morte è un appuntamento che non possiamo stabilire a nostra misura e secondo la nostra agenda, ma occorre entrarvi giorno per giorno, proprio attraverso quelle morti piccole o grandi che ci fanno abbandonare una parte di noi stessi. E la malattia, se arriva, è sempre dolore, misto a un graduale penetrare nel senso dell’esistere, che ci conduce ad abbandonare la presa. Questa è la Pasqua tua e nostra.
Grazie Carlo, perché mi sei stato amico e fratello. Ora sei per me l’angelo che custodisce la mia discesa, fino alla perfetta conformazione a Cristo Signore.
Tua amica e sorella,
Suor Anna Maria
Note:
1. Suor Anna Maria Vissani appartiene alle Adoratrici del Sangue di Cristo e risiede nell'Eremo di Madonna del Monte a Mulazzo, Massa Carrara.
"Il Gesù Nuovo" |