Giovanni Pascoli
Le ciaramelle

Commento di Egidio Ridolfo s.j.


"E Gesù rivedeva oltre il Giordano..." -- La befana -- Nebbia

Udii tra il sonno le ciaramelle,
ho udito un suono di ninne nanne,
ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.

Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata ne' suoi tuguri
tutta la buona povera gente.

Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave:
sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.

Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.

Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;

Disegno di Elisabetta Nardi

suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.

O ciaramelle degli anni primi,
d'avanti il giorno, d'avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;

che non ancora si pensa al pane,
che non ancora s'accende il fuoco;
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.

Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole:

sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone!

Giovanni Pascoli, con la sorella Maria.

E' una di quelle poesie apparentemente "minori" di Giovanni Pascoli, ma che in realtà è l'eco fedele della profondità del suo mondo interiore, un riandare autobiografico all'infanzia ma un rivederne gli elementi e le atmosfere alla luce della propria concezione poetica ed esistenziale.

L'arrivo degli zampognari dai monti, a metà dicembre, era, e sia pure in misura minore lo è ancora, un particolarissimo annuncio sonoro dell'imminente periodo natalizio. Oggi molto meno che in passato, il suono delle "ciaramelle" accompagna nelle strade, nelle case, nelle chiese, la novena del Natale. Un suono da "organo dei poveri", che Pascoli definisce con termini quanto mai felici: "suono di chiesa, suono di chiostro, suono di casa, suono di culla..."

"Rallegriamoci tutti nel Signore, perché è nato
nel mondo il Salvatore. Oggi la vera pace
è scesa a noi dal Cielo." (Dalla Liturgia)

Nel ricordo del poeta c'è certo nostalgia dell'infanzia, di quegli "anni primi", visti però adesso anche nel loro significato simbolico. A volte si vorrebbe - ma non è possibile - tornare al tempo in cui, bambini e ragazzi, si era felici o si piangeva per cose che in realtà erano "di nulla", in confronto agli eventi e problemi ben più seri dell'età matura, quando ognuno di noi viene messo personalmente di fronte "al vero", quando le domande e la ricerca di un senso del proprio vivere diventa inderogabile ed esige una altrettanto personale risposta, un confronto con la Fede ereditata dai padri, così come con le concezioni filosofiche apprese negli anni di studio, in modo particolare con quelle del determinato periodo storico in cui ci si trova a vivere.

Un "discernimento" - come direbbe S.Ignazio - che conduce ad una scelta, che ha poi ripercussioni concrete su tutta la nostra vita personale e sociale. Una volta il suono delle ciaramelle era semplicemente evocativo della grande festa imminente, ora l'età adulta lo vive con uno ben più ampio spessore, ma la suggestione "magica" che lo caratterizzava rimane immutata. Anzi, la maggiore consapevolezza della maturità la fa meglio comprendere nei suoi vari risvolti.

Quel suono evoca l'altra antica tradizione - tipicamente italiana - del Presepe, e questo a sua volta costituisce una "sacra rappresentazione" del più grande mistero cristiano, quello dell'Incarnazione del Verbo, del suo venire a noi - motivato dall'amore - "rivestito della nostra carne", con tutte le nostre fragilità e con la stessa dipendenza assoluta tipica di ogni essere umano che nasce...

I bambini osservano incantati un simile scenario, nell'età matura l'incanto può trasformarsi in vera "contemplazione", preghiera e anche... qualche lacrima, di quelle lacrime però che come dice Pascoli "sono buone", purificano l'animo e lo dispongono a un ritrovato equilibrio interiore, dono anche questo, come le ciaramelle, di quel Bambino che "regna" - in modo così contraddittorio rispetto alle nostre abituali vedute - dai nostri piccoli o grandi presepi, poveri o preziosi d'arte applicata alla Fede... Lacrime come di "nostalgia d'Assoluto"...


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