Ricordo di Padre Vincenzo Zucca o.f.m.
e la sua amicizia con l'artista Marinozzi

Elisabetta Nardi

Chi era Padre Vincenzo Zucca o.f.m...?

“Dio c’è”: questa verità di fede che leggiamo scritta su cartelli o muri lungo molte strade, Padre Vincenzo Zucca l’aveva …incarnata! Piccolo di statura e di corporatura minuta, aderì giovanissimo alla chiamata del Signore nell’ordine francescano, e dal quel momento testimoniò per tutta vita la gioia di essere “figlio di Francesco”.

Orgoglioso di indossare il saio francescano, Padre Vincenzo cercò sempre di imitare il santo d’Assisi in tutto e per tutto, tanto che un sacerdote, Don Oreste di Macerata, lo chiamava "la brutta copia di San Francesco", appellativo che se di per sé ha una connotazione negativa, in questo caso era motivato solo da un profondo senso di rispetto verso il santo di Assisi. Il sostantivo “copia” voleva esprimere quanto Padre Vincenzo assomiglisse a San Francesco per la statura bassa, la corporatura minuta, il carattere gioviale, l’inesauribile energia che dimostrava nel suo apostolato e nella sua capacità di percorrere ogni giorno a piedi distanze chilometriche...

P.Vincenzo Zucca in una foto del 14 Ottobre 2006

Chi fosse Padre Vincenzo è presto detto. Era nato ad Arcevia, in provincia di Ancona, il 5 aprile del 1913. Vestì l’abito dei frati minori francescani l’8 settembre del 1928. Nel 1936 viene ordinato sacerdote a Zara, che in quel tempo ospitava la sede degli studi di teologia dei frati delle Marche. Dopo aver trascorso cinque anni, dal 1937 al 1942, nella comunità di Monbarroccio, in provincia di Pesaro, arrivò nel pieno della seconda guerra mondiale nel convento di Santa Maria del Trebbio a Pollenza.

Nel 1949 entrò a far parte della comunità francescana di Pollenza anche Padre Lino Tartarelli, più giovane di nove anni, che trascorse tutta la vita con lui. Padre Vincenzo visse a Pollenza ben 56 anni. Solo gli ultimi tre anni di vita li passò, sempre con P.Lino, a Grottammare (prov. di Ascoli Piceno), nel convento "Oasi Santa Maria dei Monti", e qui il Signore lo ha chiamato a Sé il 4 giugno 2008.

Padre Vincenzo fece di Pollenza il campo del suo apostolato, mentre il fratello, Padre Francesco Zucca, anche lui frate minore, partì missionario per la lontana Cina, in cerca di anime da convertire in quella terra dove la Parola e l'amore di Cristo ha ancora difficoltà ad essere accolta.

"Missionario" nel profondo del cuore, Padre Vincenzo sostenne l’operato del fratello, mandandogli continuamente generosi aiuti, che raccoglieva a Pollenza da amici e benefattori che lo stimavano e gli volevano bene, e gradivano di rendersi partecipi a tutte le iniziative da lui intraprese per coadiuvare da lontano l’opera del fratello Francesco.

Urna con le reliquie di Santa Laura,
per la quale P.Vincenzo nutriva grande devozione.

La vita semplice e umile di Padre Vincenzo, e il cuore generoso che tutti potevano sperimentare, stimolavano gli abitanti di Pollenza ad essere prodighi di offerte con lui, perché comprendevano che niente egli tratteneva per sé, ma che quanto gli veniva offerto si trasformava interamente in aiuto reale per sostenere la difficile missione del fratello. La Cina era sempre nel suo cuore e nelle sue parole, sapeva tutto di quel paese pur non essendoci mai stato, ed era un grande ammiratore di Padre Matteo Ricci, il gesuita che - dopo i primi tentativi proprio dei Frati Minori - per primo riuscì a giungere a Pechino, nel 1601, e a iniziare un'opera intelligente di evangelizzazione, nel rispetto delle tradizioni millenarie di questo grande popolo.

Diffusore del culto per la martire Santa Laura

In realtà Padre Vincenzo era straordinariamente affascinato dalle vite di tutti i Santi, e parlava di loro come se li avesse conosciuti personalmente. Per lui il confine fra questo mondo e l’aldilà non esisteva, viveva con i piedi per terra e la testa in Cielo. Tra i Santi a lui più cari c’erano naturalmente quelli dell’ordine francescano: con molto orgoglio presentava spesso ai visitatori del convento, quelli specialmente che si mostravano interessati alle agiografie, una stampa che mostrava un albero secolare, rappresentante San Francesco che si moltiplicava nei tanti rami dell’ordine francescano, le cui foglie frondose erano i Santi dell’Ordine.

Aveva però una particolare venerazione per la “sua” Santa Laura. Nella chiesa di Santa Maria del Trebbio, nella cappellina di destra, c’era una teca contenente un corpo di cera di una martire romana. Padre Vincenzo racconta - nell’introduzione di un opuscolo dedicato al cinquantesimo della festa della santa - che l’imperatore Diocleziano nel 302 e 305, per salvaguardare le istituzioni religiose, emise alcuni editti per cui anche i cristiani erano obbligati ad offrire sacrifici sugli altari degli Dei, con relativa pena capitale dei trasgressori. La persecuzione di Diocleziano è rimasta tristemente celebre per le innumerevoli vittime di cristiani di ogni ceto e paese.

Come altre giovani che la Chiesa ha poi proclamato e venera come Sante, anche Santa Laura, nobile romana, rifiutò di offrire sacrifici agli Dei pagani, e per questo fu esiliata in Ancona e poi torturata e decapitata, insieme a tanti altri fedeli di Gesù Cristo, che con la forza dello Spirito Santo preferirono sacrificare la vita pur di non tradire la propria fede.

A Santa Laura Padre Vincenzo ricorreva nei momenti di difficoltà, incoraggiava anche i suoi fedeli a ricorrere a Lei nei momenti di sofferenza e necessità, e non si stancava mai di elogiare questa giovane e nobile cristiana che aveva aderito così pienamente all’ideale cristiano.

P.Vincenzo (a sinistra) con l'autrice del presente scritto,
una monaca clarissa e P.Lino.

Un’altra figura cara a Padre Vincenzo era quella di Sante Saccone, un terziario conventuale proveniente da San Severino e morto in odore di santità a Pollenza. Padre Vincenzo era venuto a conoscenza della straordinaria vita di questo taumaturgo in tarda età, tramite delle ricerche fatte da amici. Subito era rimasto colpito dalla vita di stenti e di privazioni che il servo di Dio Sante Saccone aveva fatto, nonché dalle sue virtù straordinarie di guaritore e veggente. Padre Vincenzo fece del tutto per poter diffonderne il culto, ne parlava con ammirazione e distribuiva a destra e a manca fotocopie della vita di questo terziario francescano. Ne parlava con una confidenza tale che sembrava lo avesse conosciuto personalmente.

Ogni occasione era buona per Padre Vincenzo per far opera di apostolato e diffondere il culto dei Santi, ma il modo che preferiva era quello di incamminarsi a piedi in qualsiasi luogo dovesse andare. Lungo la strada, percorsa di giorno o di notte, con il tempo bello e con quello brutto, Padre Vincenzo incontrava e parlava con quanti trovava nel suo cammino: giovani e anziani, credenti e non credenti, e a tutti accennava un sorriso, rivolgeva una parola, dava consigli, confortava o - se necessario - impartiva saggi ammonimenti e poi... raccontava della sua Santa Laura!

Un giorno, chi scrive, presa da un attimo di sconforto, disse a Padre Vincenzo: “Padre Vincé, ma questi Santi ci aiuteranno veramente?” Padre Vincenzo era estremamente buono e tollerante, ma non accettava dubbi di fede: all’udire ciò prese a pestare i piedi a terra e disse: “E se no che ci stanno a fare Lassù, secondo te?” No! Con lui non si poteva assolutamente dubitare! Ribadiva con profonda convinzione che la nostra esistenza terrena è in "continuo dialogo" e in continua "mutua relazione" con l'esistenza che ci aspetta dopo quella che impropriamente chiamiamo "morte", mentre è in realtà un "passaggio" ad un altra dimensione di vita, felice se cerchiamo quaggiù di vivere le "parole di Luce" del Vangelo di Gesù...

P.Vincenzo stringe felice un'immagine della Madonna di Loreto (Foto 8 febbraio 2008).

Accettava volentieri anche passaggi in auto e non c’è persona patentata a Pollenza che non gli abbia dato un passaggio. Del resto vedere questo piccolo frate camminare con qualsiasi condizione atmosferica, con passo veloce per le strade del territorio, suscitava in tutti tenerezza ed ammirazione, tanto che accoglierlo nella propria auto era considerato come un gesto dovuto. Se qualcuno accogliendolo in macchina si lamentava del tempo - o perché troppo caldo o perché troppo freddo - Padre Vincenzo rispondeva: “Se il Signore ci manda questo tempo si vede che va bene così!” Questa era la sua sapienza di vita.

L'attività pastorale

Il servizio alla Chiesa per Padre Vincenzo era continuo e incessante, non conosceva la parola riposo. Era sempre pronto a partecipare a qualsiasi cerimonia o processione che ci fosse in paese. Era presente anche a tutte le Messe particolari celebrate in paese o nelle zone circostanti. Qualche volta concelebrava, ma il più delle volte si metteva a confessare, e davanti al suo confessionale c’era sempre una lunga fila, perché era noto che Padre Vincenzo sapesse ispirare fiducia e speranza.

Nel confessare le persone che conosceva, era molto discreto e breve, e se qualcuno si lamentava di essere ricaduto nelle solite mancanze, lui diceva: “La testa è quella che è, la mentalità è quella che è... e si ripetono sempre le stesse mancanze. Vai... vai a casa tranquillo e cerca di non ripeterle più!” Oppure replicava con un termine dialettale: "Ciaccali (= "pestali") i peccati, ciaccali con i piedi!”, facendo forse riferimento all’iconografia della Madonna che schiaccia col piede il serpente.

Per tutta la vita Padre Vincenzo aveva praticato la virtù dell’umiltà in modo eccelso, tanto che i più lo scambiavano per una persona "semplice", mentre in realtà Padre Vincenzo aveva una laurea in Lettere e una vasta cultura, che spaziava dalla storia all’agiografia e all’astronomia. Seguirlo nei suoi discorsi non era sempre facile, perché parlava velocissimo e usando sempre lo stesso tono di voce.

Altra virtù che praticava rigorosamente era la povertà. Il giorno che Padre Vincenzo compì il 50° anniversario di sacerdozio, gli fu donato dalle francescane un nuovo saio, perché quello vecchio era sì di “stoffa buona” - per esser durato cinquant’anni! - ma ormai le toppe lo ricoprivano tutto! Non indossava né calzini né scarpe invernali, e a chi voleva regalarglieli diceva che a lui bastava ciò che aveva.

Parco anche nel nutrirsi, Padre Vincenzo era solito far colazione con uno spicchio d’aglio e una fetta di pane brustolito bagnata con l’aceto, mentre a pranzo si accontentava di poco. Spesso, quando il confratello Padre Lino era fuori, cucinava solo cipolle.

Padre Vincenzo con Fra Luciano Genga o.f.m., da lui diretto spiritualmente per molto tempo.

Aveva il dono dell’amicizia. Sapeva entrare in contatto con tutti, gente di qualsiasi ceto e nazionalità, amava coltivare le amicizie. Prima fra tutte l’amicizia con Padre Lino, con cui Padre Vincenzo ha condiviso cinquantasei anni di fervido apostolato a Pollenza. Entrambi avevano fatto del convento di "Santa Maria del Trebbio" un luogo dove tutti coloro che fossero nel bisogno potessero accorrere in qualsiasi ora del giorno e della notte. Un sorriso e una parola buona, o anche qualche aiuto economico, non veniva lesinato a nessuno.

Quando Padre Lino, ormai anziano, dovette, in seguito ad una brutta caduta, ritirarsi nel convento-infermeria di Grottammare, fu fatto scegliere a Padre Vincenzo, che era ancora in buone condizione fisiche, di rimanere a Pollenza oppure di andare con il confratello a Grottammare, Padre Vincenzo non esitò un solo istante a seguire il suo confratello ammalato.

Padre Vincenzo e Manrico Marinozzi

Padre Vincenzo era considerato “di casa” nella famiglia Marinozzi, sia in quanto confessore dei tre fratelli Marinozzi, Riccardo, Manrico e Remo, sia perché con il suo carattere gioioso e sempre ottimista era riuscito a creare un’amicizia fraterna e duratura con loro e le rispettive famiglie.

Riccardo, il più grande dei fratelli, aveva un particolare legame con Padre Vincenzo. Essendo entrambi molto mattinieri, in inverno capitava spesso che il simpatico frate passasse all’alba a salutare Riccardo nella sua bottega di ebanista, e qui lo confessasse tra la segatura e gli attrezzi da lavoro. Insieme si recavano poi in un negozietto di "Sali e Tabacchi", nella piazza di Pollenza, che aveva nel retrobottega un posticino dove i due potevano farsi in pace un bicchierino di liquore per… riscaldarsi un po’!

Nella bottega dei fratelli Marinozzi, Padre Vincenzo incontrava anche Manrico ed insieme parlavano dei più disparati argomenti. Padre Vincenzo stimava molto Manrico sia come uomo che come artista.

Padre Vincenzo con Padre Giuseppe Barchetti, che è stato missionario
in Cina per 13 anni.

Tanta era la stima che aveva di Manrico che non tardò a rivolgersi a lui quando un suo confratello, nel tentativo di spostare l’affresco della navata centrale per allungare la chiesa, causò il suo sbriciolamento!. La festa prevista al termine dei lavori era imminente e l’immagine della Madonna del Trebbio, tanto cara ai pollentini, stava per andar irrimediabilmente perduta!

Padre Vincenzo contattò Manrico, il quale provvide subito al restauro dell’affresco e per terminare in tempo il lavoro non mancò di lavorare per tutta la notte. Il religioso fu molto grato all’amico Manrico per aver salvato quell’immagine votiva tanto cara a lui e ai suoi fedeli.

E così oggi nella chiesa del convento di Santa Maria del Trebbio, ormai priva dei due religiosi che per quasi sessant’anni hanno dato una viva testimonianza di fede e dei valori della vita cristiana, l’immagine della Beata Vergine della Misericordia rimane a perenne ricordo di una amicizia profonda tra un umile frate e un artista.

Vorrei riportare ora una mia "testimonianza" su Padre Vincenzo, che ho preparato in occasione della sua dipartita. Questo mite ma forte religioso ha lasciato una traccia profonda sia a Pollenza come tra quanti che altrove hanno avuto modo di conoscerlo. E' significativo che per un certo periodo dopo le sue esequie, i manifesti che annunciavano il suo "transito" al Cielo non sono stati ricoperti da altri, un piccolo segno della stima e del rimpianto che ha lasciato in tutti noi, come è triste costatare il vuoto nel convento dove Padre Vincenzo ha condiviso la nostra vita per varie generazioni...

I Santi non sono certo solo quelli che la Chiesa ha canonizzato, e d'altra parte la "chiamata alla santità" è universale, e riguarda tutti, consacrati nei vari ordini religiosi e laici. Ora tra i Santi in Cielo c'è anche Padre Vincenzo, che non si dimentica certo di noi, ma anzi può esserci vicino e aiutarci in modo più efficace. Altrimenti... "Che ci sta a fare in Cielo?..." parafrasando quel che egli stesso ebbe modo di ricordarmi con forza quando ancora percorreva le nostre strade...

Grazie, Padre Vincenzo!

"Caro Padre Vincenzo,
nel momento della tua salita al Cielo ripenso al messaggio che hai consegnato a noi pollentini con la tua lunga presenza.
E’ un messaggio carico di amore, di speranza, ma soprattutto di semplicità e di umiltà, virtù tipicamente francescane, come il saio che hai onorato per una vita!
In te l’ordinario diventava straordinario. Ripenso al tuo continuo abbandono alla Divina Provvidenza, che segnava ogni tua azione quotidiana, qualunque cosa dovevi fare, da qualsiasi parte dovevi andare. Ti mettevi in cammino, certo che il Signore ti avrebbe dato il modo ed i mezzi necessari per portare a termine la tua missione. E così avveniva sempre!
Non temevi il caldo né il freddo, perché dicevi: “Se il Signore ci manda questo tempo si vede che va bene così!” Questa era la tua sapienza di vita.
La tua giornata sembrava senza limiti di tempo, trovavi sempre il modo non solo di far fronte agli impegni presi, ma anche a quelli che ti si presentavano all’improvviso. Eri sempre disponibile a soccorrere le necessità spirituali di chiunque ti si presentasse davanti: accoglievi, ascoltavi e confortavi tutti senza guardare mai l’orologio, senza mandare mai via coloro che a te chiedevano aiuto.
Eri straordinariamente affascinato dalle vite dei Santi e parlavi di loro come se li avessi conosciuti personalmente: per te il confine fra questo mondo e l’aldilà non esisteva, vivevi "con i piedi per terra e la testa in Cielo".
Pur essendo vissuto per quasi tutta la vita a Pollenza, eri animato da un forte spirito missionario. Hai sempre sostenuto le missioni, specialmente quella in Cina, cercando nella nostra Pollenza tutti gli aiuti possibili da consegnare al tuo amato fratello Padre Francesco, missionario in quella terra tanto bisognosa dell’amore di Cristo.
La Cina era sempre nel tuo cuore, nelle tue parole, nella tua preghiera. Sapevi tutto di quel paese pur non essendoci mai stato ed eri un grande ammiratore del nostro conterraneo Padre Matteo Ricci, nato a Macerata.
Eri uomo di profonda cultura: il tuo sapere spaziava dal campo religioso a materie scientifiche come l’astronomia. Scrutavi i Cieli e - come suggerisce la Sacra Scrittura - ogni volta ti prendeva l'ammirazione per la grandezza di Dio creatore.
Avevi anche un grande spirito pratico. Riuscivi ad accomodare sveglie ed orologi con perizia unica. Tutte queste doti le sapevi però nascondere bene. L’umiltà copriva tutto!
Ovunque andavi portavi il tuo sorriso, la tua letizia francescana. Sembrava che tu non avessi problemi di sorta, che non sentissi né la stanchezza, né il peso dell’età… eppure anche tu dovevi fare i conti con l’avanzare degli anni e con vari disturbi della salute.
Pollenza era sempre nel tuo cuore, e anche quando dovesti lasciarla per la lontana Grottammare, la tua preghiera e il tuo ricordo per noi pollentini era sempre vivo. Per questo ascoltavi interessato e commosso qualunque notizia ti venisse data riguardante "la tua gente", i tuoi amici, il clero e i religiosi, quanti cioè hanno condiviso un tratto della tua vita di frate minore.
Sei vissuto tra noi come un vero "angelo custode" della tua Pollenza e dei tuoi pollentini. Te ne saremo sempre grati e continueremo a implorare la tua protezione anche ora che sei Lassù, nell’alto dei Cieli che hai sempre scrutato.
Ti sei addormentato “sazio di giorni”, come dice la Scrittura parlando dei “giusti”, portandoci tutti nel cuore.

Grazie, Padre Vincenzo!"

Nota: Le foto del presente articolo sono di Elisabetta Nardi.


E-mail: gesunuovo@yahoo.it

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